Scoprire il proprio talento… è così necessario?

Talento… che termine abusato. Eppure è talmente legato alla nostra felicità su questo pianeta che è impossibile non farci i conti almeno una volta nella vita, anche per sbaglio, anche inconsapevolmente. 

Scoprire il nostro talento significa riconoscere l’abilità naturale che ci permette di svolgere qualcosa con spontaneità e in eccellenza, che magari ad altri risulta meno facile. 

Riuscire bene in qualcosa ci aiuta a guadagnare un posto nel mondo e spesso a contribuire al bene comune. Ci aiuta a tornare a casa la sera soddisfatti e desiderosi di ricominciare il giorno dopo.

In TEDx Udine abbiamo pensato che sarebbe stato bello organizzare un Salon sul talento. Così abbiamo invitato a parlarne persone che di talento ne sanno.

In attesa del primo Salon che si terrà il 24 ottobre e che vedrà speaker Enrico Galiano e Matteo Guariso, oggi facciamo qualche domanda proprio a Matteo Guariso. 

Nato a Monza nel 1967, è laureato in psicologia clinica con un master in analisi scientifica del comportamento non verbale. Da vent’anni lavora per un gruppo multinazionale nel settore test and measurement. In passato si è occupato di marketing e vendite per diverse aziende. E da sempre coltiva la passione per la fotografia.

Matteo, cosa caspita è questo talento?

Mi sono posto la tua stessa domanda. Nella storia è considerato unità di misura, moneta di scambio, un argomento legato persino alle religioni. È una possibilità di esprimerci, di vedere espresse le nostre capacità innate. Dobbiamo però riconoscerlo e per farlo dobbiamo ascoltarci nel profondo.

Ok. Dove nasce la capacità di ascoltarsi?

Dalla “sordità”. Quando ci accorgiamo di essere sordi sentiamo la necessità di ascoltarci. È pertanto necessario riconoscere prima la sordità.

A volte però ascoltarci sembra faticoso…

Ok, pensa allo sport: quando fatichi ti stanchi. Ma con la stanchezza arriva anche il piacere. Quando pratichiamo un’attività fisica che ci appaga ci sentiamo bene. Ascoltarci richiede impegno ma ne saremo ripagati con endorfine e autoriconoscimento.

È vero che coltivando un talento si rischia di scoprirne altri?

Ti porto un altro esempio: quando apro il cassetto in cerca di una cartuccia per la stilografica magari trovo la chiave di casa che mi ero perso la settimana prima; in quel momento, per me risulta più importante della cartuccia. Non ne è valsa la pena di cercare la cartuccia?

Dicono che, a volte, dietro la fatica di scoprire i nostri talenti si nasconda il timore di scoprirli. Che ne pensi?

La cecità diventa una coperta di Linus. Il Salon sarà il posto giusto per affrontare l’argomento.

Dicono anche che il successo ci faccia paura. È paradossale, non trovi?

Tutti i cambiamenti generano stress. Che siano in meglio o in peggio, comportano sempre un’uscita da un contesto a noi familiare. A volte il successo ti porta a gestire situazioni più impegnative. Ammettere di avere paura è il primo passo per lasciarla alle spalle.

Paura, rabbia, gioia. 

È una triade con cui avremo a che fare durante il Salon. Da ognuna scaturisce un aspetto importante per il nostro talento. 

Matteo, dove ci porterai con il tuo intervento al Salon?

Vorrei proporre un giro in una moderna città interiore, una passeggiata per capire un po’ di più di cosa succede dentro e fuori di noi. A volte dichiararsi incapaci senza nemmeno provarci cela un perfezionismo egocentrico. A volte un legame troppo deciso con i giudizi esterni. In ogni caso, è sempre il momento giusto per prenderne coscienza e decidere il prossimo passo.

Sì, conoscere Il proprio talento è necessario

Sembra che non ci sia alcuna controindicazione a scoprire il proprio talento. Il nostro potenziale inespresso ci chiede di essere ascoltato e forse, smettendo per un attimo di focalizzarci sugli eventi esterni, potremo notare ciò che in noi funziona davvero bene e metterlo a frutto.

Appuntamento allora al Salon del 24 ottobre dove per i partecipanti ci sarà l’opportunità di discutere sui talk a cui assistono e di approfittare dei workshop sul tema.

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