Gran parte della nostra giornata è misurata e scandita dal tempo.
Apriamo gli occhi grazie ad una sveglia che segna un’ora precisa, talvolta scattiamo in piedi, talvolta ci crogioliamo sotto le coperte per racimolare qualche minuto in più prima di alzarci definitivamente dal letto. Le operazioni del mattino vanno svolte in tempo per riuscire ad uscire di casa e prendere un treno, o per portare i figli a scuola, o per raggiungere il nostro luogo di lavoro prima che sia troppo tardi.
Il tempo scandisce le scadenze, determina i nostri spostamenti, alimenta il nostro passato quando nostalgici ricordiamo “i tempi andati” e ci obbliga ad accelerare quando di tempo ne abbiamo poco. Dopo una mattinata di lavoro ecco arrivare “l’ora di pranzo”: ma chi l’ha decisa? Perché proprio quell’ora e non un’altra? E perché esiste l’ora di pranzo, l’ora di cena, l’ora di andare a dormire e l’ora di andare al lavoro, ma non esiste l’ora degli abbracci, l’ora delle emozioni, l’ora della lettura, l’ora di una corsa in bicicletta, l’ora del silenzio?
Certo, ciascuno di noi potrebbe crearsi le proprie ore personali, ma sarebbe molto più bello se alcune ore esistessero convenzionalmente per tutti.
Vi immaginate? Se alle ore xx:yy tutti terminassero quello che stavano facendo e iniziassero – ad esempio – l’ora del silenzio. É vero, esiste “il minuto di silenzio”, ma è consuetudine farlo per celebrare e ricordare i defunti, o le grandi tragedie dell’umanità. L’ora del silenzio, come tante altre ore che potremmo inventarci, potrebbe invece essere un momento durante la giornata in cui tutto e tutti si zittiscono: autobus, treni, sirene, negozi, macchine, motorini, ma anche le persone. Tutti zitti.
Immaginate cosa accadrebbe in centro a Udine con un’ora così?